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Bounce Rate alto: ecco le cause più frequenti e come ridurlo

Pubblicato il 21 Maggio 2021

Bounce Rate alto? Questo indice può aumentare per diversi fattori. Ecco le cause più frequenti e come favorire la permanenza degli utenti nel tuo sito web

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Tra tutti i dettagliati report che Google Analytics può fornire ai suoi utilizzatori, esiste un dato che più di altri riesce sempre a preoccupare i proprietari di un sito web: la frequenza di rimbalzo, anche chiamata bounce rate in inglese. Anche se non rientra tra le metriche essenziali per il posizionamento del tuo sito web sui motori di ricerca, è un importante fattore da considerare, in quanto si rivela un’ottima cartina tornasole della qualità del traffico in entrata sul tuo portale.

Un elevato bounce rate infatti può essere sintomo di diversi problemi, sia tecnici che relativi alla user experience dei tuoi visitatori: per riuscire a valutare correttamente la tua frequenza di rimbalzo e agire per cercare di mantenerla su valori contenuti, è importante innanzitutto capire cosa sia, concretamente, il bounce rate e quali importanti errori può celare.

Cos’è il bounce rate?

Per riuscire a capire cos’è esattamente la frequenza di rimbalzo, la mossa migliore è riferirsi direttamente alla definizione che ne dà Google stessa. Con rimbalzo infatti il motore di ricerca intende “una sessione di una sola pagina sul tuo sito” e con il termine frequenza di rimbalzo definisce invece “il rapporto tra le sessioni di una sola pagina divise per tutte le sessioni o la percentuale di tutte le sessioni sul tuo sito nelle quali gli utenti hanno visualizzato solo una pagina e hanno attivato una sola richiesta al server Analytics.”

Google, nella sua dettagliata spiegazione del funzionamento e dell’importanza del bounce rate, specifica anche che “le sessioni di una sola pagina hanno una durata pari a 0 secondi, dato che non ci sono hit successivi al primo, che permetterebbero ad Analytics di calcolare la lunghezza della sessione”.

Riassumendo e semplificando possiamo quindi affermare che con frequenza di rimbalzo ci si riferisce alla percentuale di visitatori che accedono ad una tua pagina web, la visualizzano ma lasciano il sito sempre dalla stessa pagina, senza aver interagito con esso o aver compiuto ulteriori azioni. Ogni volta che i tuoi lettori mettono in atto questo comportamento, aumenta il bounce rate che puoi vedere dalle statistiche del tuo Analytics.

Quando il bounce rate è alto?

Per analizzare con cognizione di la percentuale che Google Analytics ti restituisce, è importante capire quando un bounce rate si può considerare alto. Il realtà, come spesso accade nel mondo digitale, non esiste un range predefinito da prendere in considerazione come benchmark: la frequenza di rimbalzo è influenzata da una molteplicità di fattori e va necessariamente presa in esame in combinazione con altri dati essenziali.

La tipologia di sito web e di contenuti proposti online può avere un forte impatto sul bounce rate, poiché per alcuni progetti digitali è quasi fisiologico avere alti livelli di rimbalzo. Ad esempio un blog, specialmente se di carattere informativo, avrà quasi certamente una frequenza di rimbalzo più alta che altri tipi di sito web, poiché generalmente gli utenti tendono ad abbandonare la pagina che stanno leggendo una volta carpite le informazioni che desideravano ottenere.

Siti invece destinati alla vendita invece, come gli e-commerce, dovrebbero avere la capacità di tenere agganciati i loro utenti per lunghe sessioni di navigazione, portandoli ad esplorare diverse pagine prodotto e aggiungere al carrello quante più opzioni possibili, anche sfruttando strategie di up selling e/o cross selling: un bounce rate alto in questo caso sarebbe particolarmente preoccupante.

In ogni caso, pur non essendoci valori standard a cui far riferimento, è sempre bene cercare di tenere bassa la frequenza di rimbalzo che vedi nei tuoi reports, semplicemente perché le cause di un alto bounce rate dipendono spesso da problemi irrisolti del tuo sito web.

Quali possono essere? Ecco qualche tips.

Problemi di user experience

Il fatto che chi atterra sul tuo sito web decida di abbandonarlo dopo una manciata di secondi, senza navigarlo, senza cliccare sui suoi links e senza compiere alcuna azione, può significare che il tuo spazio online non riesce a fare una prima impressione degna di nota. Cosa può andare storto in questo senso? Sono davvero numerosi i fattori ad influire sull’esperienza utente.

Ad esempio, una scorretta organizzazione del layout delle tue pagine può condurre ad una scarsa navigabilità dei tuoi contenuti: pagine strutturate in modo poco intuitivo, menu di navigazione confusi o call to action poco chiare possono scoraggiare l’utente nel giro di un istante.

Ma possono anche essere grafiche e colori a convincere gli utenti a non proseguire il loro viaggio sul tuo portale web, insieme anche a contenuti testuali mal gestiti. I muri di testo ad esempio sono sempre da evitare: preferisci sempre testi leggibili e ben formattati, dotati di una paragrafazione sufficientemente scorrevole e di grassetti che facilitino la lettura.

Non dimenticarti anche di usare sapientemente immagini e video contents che spezzino lo scorrimento del testo e forniscano supporto visivo ai concetti che stai esprimendo e di popolare le tue pagine con bottoni accattivanti e CTA ben posizionate.

Un suggerimento sempre valido è anche quello di ponderare bene l’uso dei pop ups: per quanto spesso ritenuti un modo semplice per catturare l’attenzione degli internauti, oggigiorno risultano decisamente abusati e percepiti come sempre più fastidiosi lato utente.

Una via diretta insomma verso l’incremento del bounce rate.

Scarsa velocità di caricamento

La velocità di caricamento delle pagine del tuo sito web è un altro dei fattori chiave della user experience: nell’epoca della fretta, nessun utente ha la pazienza di attendere il caricamento si una pagina web lenta. Una page speed elevata, oltre che convincere gli utenti in navigazione a restare è anche uno dei principali elementi utilizzati da Google per giudicare le prestazioni del tuo sito web e deciderne il posizionamento nella SERP.

Parte integrante dei fattori di ranking, la velocità del tuo sito va curata maniacalmente. Puoi monitorarla attraverso semplici strumenti come il Page Speed Insight di Google o siti preposti allo scopo come GTmetrix. E puoi cercare di aumentarla lavorando su aspetti quali, ad esempio, un server più performante, una struttura snella del tuo codice HTML e contenuti leggeri in termini di peso e dimensioni.

Errori tecnici e uso smart delle pagine 404

Gli errori 404 sono uno dei nemici più acerrimi di una bassa frequenza di rimbalzo. Un elevato numero di pagine vuote o inesistenti sul tuo sito web può condurre rapidamente verso un bounce rate elevato, poiché quando gli utenti si trovano di fronte ad una pagina di errore d’istinto la chiudono e proseguono la navigazione altrove.

Puoi controllare la presenza di questo tipo di problematica attraverso semplici strumenti come la Google Search Console o tramite plugin per WordPress e SEO tools. Nel caso la presenza di pagine 404 sia necessaria per alcuni dei tuoi contenuti (a volte infatti la restituzione di un errore 404 risulta inevitabile) ricordati di personalizzarle con un messaggio originale e con link utili che guidino l’utente verso altre sezioni del tuo sito web.

Meta tags fuorvianti

Spesso a fare aumentare notevolmente le frequenze di rimbalzo sono i contenuti web che non soddisfano le aspettative dei lettori. Il motivo di questa piccola delusione da parte degli utenti può anche non essere strettamente connessa alla scarsa qualità dei contenuti in sé, bensì essere frutto di meta tags fuorvianti, ossia title e descriptions che promettono qualcosa che poi la pagina web non rispecchia.

Title e description sono gli elementi che vengono visualizzati nella SERP e che convincono gli utenti a cliccare per proseguire la navigazione verso quella destinazione. Dovrebbero quindi sì, avere un forte appeal ed essere attraenti, ma anche sinceri e descrittivi del contenuto reale del sito web. Sia tag title che description dovrebbero quindi rispettare determinate caratteristiche in modo da incrementare il CTR, senza confondere, fuorviare o fare promesse impossibili da mantenere.

Va poi da sé che i contenuti del sito web, oltre che coerenti, dovrebbero essere di valore per i lettori che attirano: creare contenuti per il web significa prima di tutto pensare alle esigenze dei naviganti e quando realizzi un sito il tuo obiettivo primario dovrebbe sempre essere quello di offrire un’esperienza piacevole e di concreta utilità per chiunque lo visiterà.

Mancata ottimizzazione per mobile device

Il Mobile First Index è ormai una priorità per Google e dovrebbe esserlo anche per chi progetta e realizza siti web. Cosa significa? Significa che Mr G considera prioritaria la versione mobile di un sito web, quando lo scansiona, lo indicizza e lo posiziona all’interno della SERP.

Studiare una valida versione mobile del tuo sito è quindi una tattica smart per soddisfare i parametri di Google, nonché per andare incontro alle statistiche che svelano quanto fette sempre maggiori di traffico web arrivano da dispositivi mobili. Per rendere performante la mobile version del tuo sito ricordati di dotarla delle stesse caratteristiche vincenti della sua versione desktop: fruibilità, velocità, chiarezza, funzionalità, assenza di errori, navigabilità fluida e senza intoppi.

Questi piccoli accorgimenti ti aiuteranno a tenere sotto controllo la tua frequenza di rimbalzo, mantenendola entro parametri accettabili rispetto alla tipologia di website che ti trovi a gestire: ottenere prestazioni eccellenti richiede la combinazione di numerosi ingredienti e, soprattutto, un monitoraggio continuo. Pubblicare un sito web è infatti solamente l’inizio di un percorso nel quale impegno e costanza sono i principali segreti del successo.

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