Pubblicato il 06 Marzo 2020
Il piano Transizione 4.0 ha sostituito l’iperammortamento e il superammortamento con il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali
Iperammortamento e superammortamento sono due misure lanciate con il Piano Nazionale Industria 4.0 e che hanno permesso a più di un milione di aziende di ottenere agevolazioni fiscali per l’acquisto di beni materiali e immateriali innovativi. Dopo aver raggiunto il picco nel 2017, le due misure hanno avuto un calo fisiologico che ha convinto il Ministero dello Sviluppo Economico a trovare strade alternative per incentivare le imprese a portare avanti il processo di digitalizzazione. La strada alternativa porta un nome ben preciso: credito d’imposta per investimenti in beni strumentali.
Si tratta del nuovo incentivo presente nel piano Transizione 4.0 varato dal MiSE e che è la base della nuova politica industriale intrapresa dall’Italia. Il piano Transizione 4.0 prende l’eredità del piano Impresa 4.0 ed è dotato di una potenza di fuoco pari a sette miliardi di euro per il prossimo triennio. Soldi da utilizzare per tre diverse misure: oltre al già citato credito d’imposta per investimenti in beni strumentali, fanno parte di questo pacchetto di incentivi anche il nuovo credito d’imposta Ricerca, Sviluppo, Innovazione e Design e il credito d’imposta per la Formazione 4.0.
Il punto nevralgico, però, riguarda la sostituzione dell’iperammortamento e del superammortamento con il nuovo credito d’imposta. Quali sono le differenze principali? In che misura aiuta le imprese? Quali sono le spese ammesse? A tutte queste risposte proveremo a rispondere nelle prossime righe.
Iperammortamento e superammortamento: i numeri
Prima di analizzare le differenze tra le due misure economiche, bisogna capire quale è il punto di partenza, ossia quante imprese e quanti investimenti sono stati effettuati finora utilizzando il super e l’iperammortamento. Secondo i dati del MiSE sono state più di un milione le imprese che hanno utilizzato il superammortamento per beni materiali e oltre dieci i miliardi investiti. Risultati ottimi, ma generati soprattutto dalle grandi imprese.
Per ampliare la platea delle imprese che ne usufruiscono e la tipologia degli investimenti da fare (con un occhio di riguardo per la sostenibilità), il MISE ha deciso di varare il credito d’imposta per beni strumentali. L’effetto atteso è di un ampliamento potenziale della platea di imprese del 40%.
Differenze iperammortamento con credito d’imposta per beni strumentali
L’iperammortamento, così come il superammortamento, era un’agevolazione che permetteva di maggiorare il costo di acquisizione di beni materiali nuovi ai fini delle imposte sui redditi.
Il credito d’imposta per beni strumentali, invece, è un credito che il contribuente (quindi l’azienda) ha nei confronti dello Stato. Credito che può essere “riscattato” tramite una compensazione dei debiti verso l’erario, uno sconto sulle tasse oppure ottenendo un rimborso nella dichiarazione dei redditi.
Oltre a una differenza funzionale, il credito d’imposta semplifica le procedure e anticipa il momento di fruizione del beneficio, compensabile già a gennaio 2021. Inoltre, il nuovo incentivo amplia il paniere delle spese ammissibili a strumenti e macchinari per la sostenibilità e l’economia circolare.
Come funziona il credito d’imposta per beni strumentali
Prima di spiegare come funziona l’agevolazione, bisogna specificare a cosa serve. Il credito d’imposta per beni strumentali supporta le imprese che investono in nuovi macchinari, impianti produttivi oppure in beni immateriali come i software.
L’intensità dell’agevolazione varia a seconda della tipologia di spesa e dell’ammontare totale.
Per gli investimenti in beni strumentali materiali tecnologicamente avanzati è riconosciuto un credito d’imposta pari a:
- 40% delle spese ammissibili fino a investimenti per 2,5 milioni di euro.
- 20% delle spese ammissibili per investimenti tra i 2,5 milioni di euro e i 10 milioni di euro.
Per le spese in beni immateriali funzionali a processi di digitalizzazione il credito d’imposta è pari al 15% dei costi ammissibili fino a 700.000 euro.
Infine, per gli altri beni strumentali materiali il credito d’imposta scende al 6% delle spese ammissibili fino a 2 milioni di euro.
Il credito d’imposta si può utilizzare solamente in compensazione in cinque quote annuali di pari importo. In caso di beni immateriali, le quote annuali scendono a tre.
Credito d’imposta per beni strumentali: le regole da rispettare
Per usufruire dell’incentivo è necessario conoscere alcune regole. L’agevolazione vale per tutte le spese ammissibili effettuate tra il 1° gennaio 2020 e il 31 dicembre 2020. È possibile ottenere una deroga per le spese effettuate entro il 31 giugno 2021 solo nel caso entro il 31 dicembre l’ordine è stato accettato e sia stato pagato almeno il 20% del costo totale.
Dal credito d’imposta per beni strumentali sono escluse spese per mezzi di trasporto motorizzati, costruzioni e fabbricati e per tutti i beni descritti come “gratuitamente devolvibili delle imprese operanti, in concessione e a tariffa, nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento dei rifiuti”
A chi è rivolto il credito d’imposta per beni strumentali
L’incentivo può essere richiesto da qualsiasi impresa presente sul suolo italiano indipendentemente dalla natura giuridica, dalle dimensioni e dal settore economico di riferimento. Sono escluse le aziende in stato di liquidazione, fallimento o in concordato preventivo. Le imprese, inoltre, devono essere in regola con i contributi previdenziali e rispettare tutte le norme sulla sicurezza.
È necessario specificare che il credito d’imposta al 6% per gli investimenti in altri beni strumentali che non rientrano nella prima tipologia di spese è riconosciuto anche agli “esercenti arti e professioni”.