Proseguiamo con Ore 18, il nostro spazio quotidiano che lanciamo appunto alle 18, un’ora cruciale di bollettino della giornata trascorsa, in particolare in questo periodo in cui tutti stiamo fronteggiando l’emergenza Coronavirus.
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È notizia fresca la scelta, annunciata dal commissario del Governo per l’emergenza Coronavirus Domenico Arcuri, dell’app per aiutare il tracciamento dei contagi nella fase 2, selezionata tra una short list presentata dalla Task force per l’emergenza, guidata da Vittorio Colao. La scelta è caduta su Immuni, app ideata da Bending Spoons, azienda milanese con radici anche in Danimarca che dà lavoro a 140 persone, in gran parte under 30, e che in soli sette anni dalla sua fondazione è diventata numero uno in Europa nello sviluppo di app per iOS. Il progetto è stato realizzato in sinergia con il Centro medico Santagostino.
Immuni sarà quindi l’app adottata a livello nazionale e il suo utilizzo dovrebbe quindi attenuare gli strumenti di cui varie regioni si sono dotate, come ad esempio l’app AllertaLOM della Regione Lombardia, i cui residenti hanno ricevuto nella giornata del 16 aprile un SMS al fine di aumentarne i download.
Come funzionerà Immuni? Il sito HDBlog sintetizza gli aspetti dell’app, che si basa su 4 principi di base: garanzia dell’anonimato, non utilizzo della geolocalizzazione, connettività Bluetooth, utilizzo non obbligatorio. In pratica, l’app traccia i contatti avuti con altre persone tramite Bluetooth ( tecnologia che consente di rilevare la vicinanza tra due smartphone entro un metro di distanza) e li conserva fino a quando non si ha certezza che la persona che l’ha installata è risultata positiva al test del Covid-19. A quel punto, si può dare il consenso al trattamento dei propri dati, permettendo di rintracciare le persone con cui si è entrati in contatto nei giorni precedenti attraverso la cronologia degli spostamenti. Gli utenti, inoltre, dovranno aver cura di aggiornare quotidianamente il diario clinico presente nell’app con eventuali sintomi e dettagli sullo stato di salute. Non è in nessun caso possibile stabilire dove si trova chi utilizza Immuni, ma soltanto determinare i dispositivi che incontra chi la utilizza (non persone, ma dispositivi: i dati sono anonimi).
Immuni, come anticipato dal commissario Arcuri, sarà testata in alcune regioni pilota, per poi estendere a tutta Italia l’adesione facoltativa. C’è però un interrogativo sulla sua efficacia, rispetto a cui il dibattito è abbastanza acceso. Non soltanto per questioni di privacy, ma di tecnologia in sé. Spesso si è preso ad esempio quanto si sta facendo in termini di emergenza Covid in estremo oriente, soprattutto Singapore e Corea del Sud. Come ha spiegato all’AGI Marco Trombetti, fondatore di Pi-Campus e tra i maggiori esperti in Italia di nuove tecnologie, “Singapore vive una situazione simile a quella che possiamo immaginare in Italia con la fase 2 dell’epidemia. E se guardiamo quello che è successo a Singapore, possiamo dire che è stato un disastro. L’applicazione adottata dal governo è stata scaricata meno di un milione di volte su circa sei milioni di abitanti, circa il 18%. Di questi solo il 50% ha attivato l’app, quindi circa mezzo milione di persone. Non solo. C’è un gap nei dati raccolti perché il Bluetooth non traccia automaticamente gli iPhone, che a Singapore sono circa il 38% degli smartphone usati”.
Del resto, l’UE ha ribadito le sue linee guida sul tema, ossia una stima accurata della vicinanza tra dispositivi mobili tramite Bluetooth, ma senza l’uso della geolocalizzazione, rifiutando l’ipotesi del GPS e ribadendo che l’installazione delle app sia su base volontaria e con trasmissione dei dati in forma anonima e aggregata. Ciò che Immuni fa, sperando che tutti quanti la si scarichi e utilizzi nel modo corretto.